Gli scouts modenesi avevano una base a Castellino delle Formiche, un’oasi di pace e tranquillità sull’appennino, luogo ideale per trascorrervi le Vacanze di Branco e Pietro Paolo Severi, a giusto titolo, ne tesseva le lodi. Quando nel 1987 il Gruppo scout di Mortara (PV) ottenne in concessione un terreno dotato di un piccolo fabbricato sull’appennino piacentino a circa 50 Km. dal capoluogo per farne una base scout, venne spontaneo paragonarla a Castellino.
Si lavorò alacremente per attrezzarlo ed i lavori furono ampiamente documentati sul posto da una mostra fotografica permanente. Venne costruito uno spazioso prefabbricato dotato di letti a castello e comodi portapacchi provenienti da carrozze ferroviarie dismesse e acquistati come materiale di risulta.
La base era composta da un terreno di circa un ettaro una parte bosco di querce e di lecci ed una parte prato. Lo spazio libero era abbastanza ampio da poter ospitare sia le tende di un caposcuola che i necessari terreni da gioco. La casetta, che non si vedeva dalla strada, immersa nel verde, era piuttosto piccola ma sufficiente ad ospitare la cucina, il magazzino, i servizi e la tana dei VV.LL. mentre la tana per i lupetti e la sala da pranzo erano ospitate nell’ampio terrazzo.
Dopo averla attrezzata, il gruppo di Mortara pensò di metterla a disposizione dell’Associazione per i campiscuola. Fu così che Toni Covacic e don Alberto Bisson la visitarono, se ne innamorarono e, d’accordo con Akela d’Italia la scelsero come base fissa per i campi scuola della branca lupetti.
Il posto era molto bello, situato tra monti e boschi e, l’essere recondito e lontano, lungi dall’ essere difetti se ne rivelavano pregi in quanto ne assicuravano la tranquillità.
La corriera che partiva dal piazzale antistante la stazione ferroviaria di Piacenza impiegava circa 90 minuti lungo una strada che si snodava per lunghi tratti attraverso bellissime vallate che facevano spaziare lo sguardo tra il verde dei boschi e l’azzurrino delle cime.
Dopo circa 11 Km dalla partenza si attraversava il ridente borgo di Grazzano Visconti, costruito con architettura medioevale che, come un set cinematografico, risultava molto bello da vedere. Un altro grappolo di chilometri e si arrivava a Ponte dell’Olio, da qui la strada si inerpicava costeggiando il fiume Nure nello stretto fondovalle ricavato tra montagne che in alcuni casi superano abbondantemente i mille metri.
Il viaggio, anche se lungo, risultava piacevole e rilassante. Un’altra decina di chilometri e si arrivava nel quieto paese di Bettola con la sua assolata e deserta enorme piazza di forma rettangolare che avrebbe potuto ospitare al suo interno un campo di calcio comprese le tribune. Qui la corriera faceva una breve sosta che, non serviva a far riposare i cavalli, ma a far rilassare qualche momento l’autista prima che si impegnasse nell’ultimo e più tortuoso tratto verso Farini d’Olmo distante un’altra decina di chilometri e meta del nostro viaggio.
A Farini si doveva scendere e proseguire per Groppallo mentre la corriera avrebbe proseguito il suo viaggio verso il capolinea di Ferriere, ma questa è un’altra storia.
Restavano da percorrere circa otto chilometri di strada tortuosa che si snodava tra campi coltivati e tratti di bosco. Poi, man mano che ci si allontanava dal paese il bosco si faceva più fitto fino a dominare incontrastato.
L’ingresso alla base era segnato da un cartello e da una sbarra mobile che serviva ad evitare l’accesso alle persone che avrebbero voluto recarsi ad una piccola sorgente d’acqua potabile che sgorgava dalla parete rocciosa chiamata “Fontanin” situata appena fuori, in uno spiazzo adiacente alla base, anch’esso di proprietà comunale ma fornito di altra via d’accesso.
Per il resto la quiete regnava assoluta tanto che gli scoiattoli venivano a trovarci durante le chiacchierate “sotto l’albero del Dhâk” per fare incetta di ghiande e, alzando gli occhi per vederli tra i rami, si intravedeva il cielo azzurro e la luce che filtrava attraverso le fronde.
Altra preziosità della base era rappresentata dalla finestrella della cucina che comunicava con la tana dei VV.LL.e consentiva a Wanda Covacic di servirsene, come la ruota di certi conventi di clausura, per passare attraverso di essa generi di conforto per i VV.LL. impegnati nella revisione dei quaderni degli allievi durante le lunghe ore notturne.
Ma Groppallo resta nella memoria e nei cuori di noi lupettisti anche per il caposcuola di 2° t. del 1996. Dall’anno successivo la base non fu più disponibile e si dovette cercare una alternativa. In quel campo era in staff Augusto Ruberto, Akela Leader ed uno dei maggiori maestri del nostro lupettismo che, nonostante l’età avanzata, correva per il campo conducendo gli allievi in tutti gli spostamenti necessari per le attività, con vigore giovanile e faville negli occhi.
Buona Caccia.
Giuseppe Muratore