L’ideale missionario
Francesco non desiderò solo per sé e i suoi frati, l’evangelizzazione del mondo cristiano derivato dagli originali principi evangelici, ma anche raggiungere i non credenti, specie i saraceni, come
erano chiamati allora i musulmani.
Se in quell’epoca i rapporti fra il mondo cristiano e musulmano erano tipicamente di lotta, Francesco volle capovolgere questa mentalità, vedendo per prima in loro dei fratelli a cui annunciare il Vangelo, non con le armi ma offrendolo con amore e se necessario subire anche il martirio.
Mandò per questo i suoi frati prima dai Mori in Spagna, dove furono condannati a morte e poi graziati dal Sultano e dopo in Marocco, dove il gruppo di frati composti di Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto, ottone, mentre predicavano, furono arrestati, imprigionati,flagellati e infine decapitati il gennaio del 1220.
Il ritorno in Portogallo dei corpi dei protomartiri, suscitò la vocazione francescana nell’allora canonico regolare di Sant’Agostino, il dotto portoghese e futuro santo , Antonio da Padova.
Francesco non si scoraggiò, nel 1219-1220 volle tentare personalmente l’impresa missionaria diretto in Marocco, ma una tempesta spinse la nave sulla costa dalmata, il secondo tentativo lo fece arrivare in Spagna, occupata dai musulmani, ma si ammalò e dovette tornare indietro, infine un terzo tentativo lo fece approdare in Palestina, dove si presentò al sultano egiziano Al-Malik al Kamil nei pressi del fiume Nilo, che lo ricevette con onore, ascoltandolo con interesse; il sultano non si convertì ma Francesco poté dimostrare che il dialogo dell’amore poteva essere possibile fra le due grandi religioni monoteiste, delle comuni origini di Abramo.