Il presepe vivente di Greccio

La notte del 24 dicembre 1223, Francesco si sentì invadere il cuore di tenerezza e di slancio e volle rivivere nella selva di Greccio, vicino a Rieti, l’umile nascita di Gesù Bambino con figure viventi.
Nacque così la bella e suggestiva tradizione del Presepio nel mondo cristiano, che sarà ripresa dall’arte e dalla devozione popolare lungo i secoli successivi, con l’apporta dell’opera di grandi artisti, tale da costruire un filone dell’arte a se stante, comprendenti orafi, scenografi, pittori, scultori, costumisti, architetti; il cui apice per magnificenza, realismo, suggestività, si ammira nel Presepe settecentesco napoletano.

Il suo calvario personale

Ormai minato nel fisico per le malattie, per le fatiche, i continui spostamenti e digiuni, Francesco fu costretto a distaccarsi dal mondo e dal governo dell’Ordine che aveva creato pur non avendone l’intenzione.
Nell’estate del 1224 si ritirò sul Monte della Verna (Alverna) nel Casentino, insieme con alcuni suoi primi compagni, per celebrare con il digiuno e intensa partecipazione alla Passione di Cristo, la “Quaresima di San Michele Arcangelo”.
La mattina del 14 settembre, festa dell’esaltazione della Santa Croce, mentre pregava su un fianco del monte, vide scendere dal cielo un serafino con sei ali di fiamma e di luce, che gli si avvicinò in volo rimanendo sospeso nell’aria.
Fra le ali del serafino, Francesco vide lampeggiare la figura di un uomo con mani e piedi distesi e inchiodati a una croce; quando la visione scomparve, lasciò nel cuore di Francesco un ammirevole ardore e nella carne i segni della crocefissione; per la prima volta nella storia della santità cattolica, si era verificato il miracolo delle stimmate.
Disceso dalla Verna, visibilmente dolorante e trasformato, volle ritornare ad Assisi; era anche prostrato da varie malattie, allo stomaco, alla milza e al fegato, con frequenti emottisi, inoltre la vista lo stava lasciando, a causa di un tracoma contratto durante il suo viaggio in Oriente .