Cecilia e le formiche Sgranocchie
Una volta nel Bosco degli aceri viveva la famiglia delle formiche Sgranocchie.
Erano numerose, forti, unite e volenterose e, come in ogni società che si rispetti, vivevano in armonia seguendo le leggi scritte sulle foglie della giustizia.
Nella parte più alta del formicaio c’era un piccolo trono, fatto di fuscelli, su cui sedeva il loro Re, Re Agemone.
Le formiche da millenni seguivano gli antichi percorsi del Bosco, proprio quello stabiliti dal loro Re.
Ogni mattina puntualissime si svegliavano e formavano lunghe file, arrivavano alla distesa delle Mollichine, caricavano il loro cestino e poi tornavano con ordine al magazzino del formicaio. Re Agemone era molto orgoglioso delle sue brave operaie, famose in tutto il Bosco per la loro disciplina.
La legge delle formiche Sgranocchie era giusta e permetteva loro di vivere felici e in armonia. C’era solo un divieto nel Bosco, il Re aveva vietato alle formiche di oltrepassare la Montagna Nera.
E l’aveva fatto per un buon motivo anche se nessuno conosceva la ragione di quel divieto. Si sapeva soltanto che tanto tempo prima qualcuno l’aveva oltrepassata ed era successo qualcosa di così brutto da non poterlo nemmeno raccontare.
La Montagna Nera era un’enorme zolla di terra scura, al di là della quale le formichine riuscivano a scorgere solo i ciuffi verdi delle piante di granoturco.
Tra le formiche c’era una formichina di nome Cecilia, ancora giovane e inesperta. Da poco aveva cominciato a lavorare alla raccolta delle provviste, era volenterosa e riusciva anche a trasportare due Mollichine insieme ma era anche veramente molto curiosa. Spesso perdeva di vista la sua fila perché si fermava a guardare incantata la danza delle foglie trasportate dal vento o la luce che filtrava attraverso le ali di una farfalla posata su un fiore.
Da un po’ di tempo nella testolina curiosa di Cecilia c’era un solo pensiero: scoprire qualcosa di più sulla Montagna Nera. Era così alta e affascinante e dietro la Montagna si vedeva tutto quel granoturco, chissà quanto ne avrebbe potuto raccogliere.
Guardò le sue zampine e decise che erano abbastanza forti per arrampicarsi, sarebbe andata in avanscoperta e se avesse trovato tanto granoturco avrebbe chiamato le altre sue amiche formiche.
Così una mattina Cecilia si mise in fila per ultima e silenziosa si allontanò dalle altre. Arrivò ai piedi della Montagna Nera e cominciò la sua scalata, la salita era veramente ripida.
Le altre formichine erano quasi arrivate al campo delle Mollichine quando Agnese, una formica amica di Cecilia, si girò per parlare con Cecilia e non la trovò. La chiamò a gran voce, guardò sotto le foglie, dietro ai fili di erba ma di Cecilia non c’era traccia: era scomparsa.
Agnese avvertì subito il capo fila e tutti si misero alla ricerca di Cecilia. Guardando verso la Montagna Nera si accorsero che c’erano delle impronte piccoline e sembravano proprio quelle di Cecilia!
I messaggeri avvertirono il Re, non c’era un minuto da perdere, bisognava armare l’esercito e dirigersi verso la Montagna.
Cecilia intanto era arrivata sulla cima e si godeva il bellissimo spettacolo: c’era un campo infinito di granoturco con il verde delle foglie che brillava al sole e un tappeto di chicchi gialli per terra.
Ma la sua gioia non durò a lungo!
Un’enorme mantide religiosa le apparve davanti e faceva veramente paura così grande e con quelle zampe lunghissime e a forma di tenaglia. Cecilia cominciò ad avere paura: come aveva potuto disubbidire al Re che voleva solo il suo bene?
La mantide si avvicinava sempre più e stava quasi per afferrarla quando alle sue spalle apparve l’esercito delle formiche e Cesare, il capo dell’esercito, gridò alla mantide: “Sei grande e grossa e non puoi prendertela con una formichina così piccola. Dovrai vedertela con tutti noi.”
E fu così che la mantide religiosa scomparve per sempre dalla Montagna Nera.
Dopo quel giorno Cecilia pensò a lungo a quello che aveva causato con la sua disobbedienza: aveva mancato di rispetto al Re e alla sua legge e non aveva messo in pericolo solo lei stessa ma anche le altre formichine che erano corse in suo aiuto.
Fu così che Cecilia imparò quanto fosse importante, per una giovane formica come lei, ascoltare chi è più grande e più saggio e da quel giorno non disubbidì mai più.