Cosa significa …
“quelli che sono nel pianto”?
La parola “piangere” usata nelle Beatitudini descrive prima di tutto il lutto, un rituale che poteva durare fino ad un mese. In questo periodo si digiunava e si portavano i vestiti di lutto. Così Giacobbe pianse quando sentì che il suo figlio prediletto Giuseppe fu divorato dalle belve (Gn 37,34). Con questo termine si descrive anche il pianto per Israele e per Gerusalemme quando furono colpite da un grande flagello (1 Sam 6,19; Ne 1,1-4). Gli amici e la sposa piansero quando lo sposo se ne andò (Mt 9,15). San Paolo con questo termine esprime il suo dolore guardando le persone che si sono perse nelle reti del peccato (2 Cor 12,21). Per Giacomo piangere vuol dire rendersi conto del proprio sbaglio perché a causa del mio comportamento ho perso Dio (Gc 4,8-9).
“perché saranno consolati”
La parola “consolati” esprime soprattutto il conforto nel momento del lutto (Gn 37,35). La consolazione vuol dire anche rincuorare gli abbattuti e i depressi (2 Cor 7,6), vuol dire incoraggiare e ravvivare coloro che sono scoraggiati e perplessi (1 Ts 3,2). San Paolo dopo un momento di profonda crisi e dopo aver sperimentato la profonda consolazione capì che la sua vita aveva un solo scopo, mediare la consolazione di Dio: “il quale ci consola in ogni nostra tribolazione, affinché possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque tribolazione con quel conforto con cui siamo confortati noi stessi da Dio” (2 Cor 1, 4). Tuttavia la vera consolazione è il traguardo verso il cielo. La vita con Dio sarà ricolma di profonda consolazione come racconta la parabola del mendicante Lazzaro che sta nel seno di Abramo dopo aver vissuto tante sofferenze (Lc 16, 26).
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Dolori e pianti della mia vita
Ascoltiamo il nostro cuore che piange quando affronta i vari tipi di dolore e di morte. Piango quando muore mia mamma, mia zia, mio fratello…, quando mi separo per vari motivi dal ragazzo caro al mio cuore, quando sono triste, quando sto davanti ad un muro e non so dove andare e cosa fare, quando mi sento abbandonata dalle mie amiche, umiliata e maltrattata, quando mi rendo conto che ho sbagliato, che ho peccato, che ho rovinato una buona parte della mia vita. Il pianto ha molti volti, molte cause, molte forme. Il dolore pervade il cuore e fa sgorgare le lacrime dai miei occhi.
Ma perché piangere?
La proposta del mondo: Al mondo non piace vederci piangere. Smetti di piangere, scordati delle ferite, non pensarci più, vai a divertirti, bevi, balla, esci,… e il dolore passa. Metti da parte il dolore, seppelliscilo sotto le attività e tutto sarà a posto. Il pianto ti rende debole e vulnerabile. Oppure c’è un’altra versione: si perde la speranza, si lascia vincere da sofferenza, si abbatte e lascia perdere tutto.
La proposta di Gesù: Gesù vede il mio dolore e ne ha compassione. Vede che il dolore riesce a soffocarci, a rubarci la gioia e perfino la fede, ci trasforma in morti camminanti. Gesù sa che il pianto è la risposta del mio cuore di fronte ad una situazione difficile. Dal dolore non si scappa, il dolore ci porta a Dio, il Dio di ogni consolazione. Gesù soffre e piange con me come ha pianto con Maria e Marta quando persero il fratello Lazzaro (Giov 11).
La Testimonianza
Questa beatitudine ha caratterizzato l’ultimo Incontro Nazionale Capo cerchio, che si è svolto a Loreto nel 2013.
Per me è stato il primo incontro come commissaria nazionale e avendo vissuto la sua preparazione da vicino, insieme alla Pattuglia Nazionale, ho avuto modo di riflettere su questa Beatitudine a lungo.
Le afflizioni che caratterizzano la nostra vita sono tante e di vario tipo, da quelle grandi e serie alle piccole prove che incontriamo nel cammino di ogni giorno.
La parte difficile non è sicuramente individuare le occasioni di afflizione ma il sentire e trovare consolazione. Con le sue parole Gesù ci dice che nell’afflizione non siamo soli e la nostra prima consolazione è sicuramente il sapere che in quel momento, al nostro fianco, abbiamo Dio, nostro padre.
Nell’antico testamento troviamo vari riferimenti a come Dio sia l’unico capace di trasformare il nostro pianto in gioia, in serenità e saperlo vicino deve essere la nostra forza.
Rivivere a Loreto questa Beatitudine mi ha permesso di ricordare come il Signore, nel suo essere grande e provvidente, ha pensato di darci un esempio concreto di qualcuno che è stato capace di vivere questo passaggio dall’afflizione alla consolazione: Maria.
Quale altra donna sarebbe capace di portare in grembo il figlio di Dio e di accogliere pienamente la Sua volontà per il proprio bambino, qualunque essa sia?
Maria sta sotto croce, quando Gesù muore, e ascolta le sue parole: suo figlio le affida Giovanni, le chiede di essere madre dell’umanita’. E non solo Maria le ascolta ma poi le vive e con i discepoli testimonia la parola di Dio, dopo la morte di suo figlio.
Sono da poco diventata mamma e proprio in questo momento di grande gioia, nel ringraziare il Signore per l’immenso dono del mio bambino, non ho potuto non pensare a Maria, alla giovane ragazza diventata mamma lontano da casa sua, costretta poi presto a spostarsi in Egitto e ad accogliere ben presto che il suo bambino era destinato a grandi cose.
Quanto coraggio, quanto amore e quanta fede, per accogliere ogni afflizione e viverla con consolazione.
Questa beatitudine, quindi, per me è un promemoria di quanto Dio, in quanto padre mi sia vicino e di come posso guardare sempre a Maria, per imparare da Lei e affidarmi a Lei, per non sentirmi sola.
Non è certamente facile e il più delle volte non sembra la beatitudine, ma pensò che, come per ogni cosa, ci voglia allenamento e prontezza per combattere contro chi ci vuole far credere che non sia così e per non ascoltare quella vocina che ogni tanto ci fa sentire sconsolati invece che Beati, come ci vuole il Signore.
Test della vera consolazione:
- Hai coraggio di piangere?
- Ti lasci abbattere dalle avversità e dal dolore?
- Dove cerchi la consolazione?
- Dove sta in tutto questo Dio?
La nostra croce Scout…
Tagliate un’altra punta della croce Scout. Sul retro bianco, provate a disegnare la vostra strada. Gli scogli e le curve rappresentano i momenti di pianto. Gli alberi e le piante sono le persone che ci hanno sostenuto su questa strada. La strada si avvia verso l’orizzonte che è Dio di ogni consolazione.
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